1. OTTOBRE 2013 Numero 14 18
Un Team che cresce! Quanto è importante per un leader conoscere e facilitare il processo di crescita di un team? I processi di apprendimento Mi capita spesso di tenere corsi di project management. Siano essi inerenti la disciplina agile o quella tradizionale, mi scontro sempre con il problema dei diversi livelli di conoscenza ed esperienza dei partecipanti. Nonostante gli sforzi profusi dagli organizzatori per avere classi omogenee, questo non accade quasi mai. In quei casi, per mitigare il problema, è necessaria una gestione attenta dei contenuti e della loro erogazione, al fine di evitare scollamenti, delusioni, critiche.
Avere dalla propria, come trainer, spiccate doti comunicative, carisma e capacità di coinvolgimento (ma non dovrebbero essere caratteristiche ovvie di qualsiasi docente?), aiuta a tenere unita la classe, evitando che i più esperti si annoino e i novizi si perdano in chissà quale mondo parallelo. Un approccio graduale al tema, l’uso esteso di metafore e l’esecuzione di giochi collaborativi, permettono una buona coesione d’ aula. Chi ancora vuole arrivare subito al come attivare quella conoscenza nel proprio ambiente lavorativo, attraverso esempi pratici e simulazioni. Infine, non potrete sottrarvi a chi impara solo dopo aver messo in discussione il nuovo insegnamento. Questi ultimi li riconoscerete perché sono quelli che v’incalzano con domande del tipo: e se invece non facessi così? Per ogni categoria dovrete essere pronti a fornire le motivazioni, i dati, i processi di applicazione e accogliere le sfide. Shu-ha-ri Shu-ha-ri è un concetto derivato dalle arti marziali giapponesi, che descrive come ogni novizio, nell’acquisizione di una nuova conoscenza, debba obbligatoriamente passare da tre livelli di apprendimento, Shu, ha e ri.
I tre livelli possono essere così tradotti:
• Shu: seguire, obbedire
• Ha: distaccare, rompere
• Ri: fluente, trascendente Ma non basta.
E’ necessario ricordare che ognuno di noi affronta il processo di apprendimento secondo modalità differenti. C’è chi necessita di sapere il perché la nuova conoscenza dovrebbe interessarlo.
Chi vuole conoscere il cosa: dati, fatti, informazioni. Ognuno di noi, quando deve apprendere qualcosa di completamente nuovo, è totalmente immerso nell’acquisizione della nuova conoscenza. Prendiamo avidamente appunti, ascoltiamo concentrati e in silenzio ciò che ci viene raccontato. Questa è la fase “Shu”, fase in cui accumuliamo le informazioni, senza criticarle, cominciando a porle in pratica, in maniera disciplinata e aderente al processo che ci è stato spiegato. Dopo alcune settimane da quando abbiamo cominciato a praticare la nuova conoscenza, cominciamo a metterla in discussione, per verificarne l’effettiva efficacia o per adattarla alla nostra soggettività o realtà. Questa è la fase chiamata “Ha”, fase creativa in cui cerchiamo alternative e sfidiamo la “tradizione”. La continua pratica, il processo miglioramento, la ricerca di alternative, il tempo che passa, ci porta a raggiungere l’ultimo dei livelli di apprendimento chiamato “Ri”. Questo è lo stato in cui non abbiamo più bisogno di dare un nome alla conoscenza perché questa è finalmente diventata parte di noi. Esercitiamo la nuova conoscenza in maniera fluente e naturale. Il nostro cervello ha finalmente “digerito” la conoscenza, trasformandola in capacità e memorizzandola nella memoria muscolare, inconscia.
Così come accade ad un docente di avere in classe alunni che apprendono in maniera differente, accade ad un leader di far parte di un team i cui membri si possono trovare sui diversi livelli Shu-ha-ri. Se quel leader sarà in grado di adeguare il suo rapporto in funzione dell’interlocutore e del suo grado di esperienza; se sarà capace di creare dinamiche di collaborazione tra membri più esperti e junior; e ancora, se riuscirà a modulare il suo stile comunicativo e di leadership a seconda del contesto e del livello di crescita del team, quel leader avrà creato i presupposti per un successo lavorativo del team e di crescita personale dei singoli membri. La teoria di Tuckman Bruce Tuckman nel 1965 formulava la sua teoria sugli stadi di sviluppo di un team. In quella teoria indicava che qualsiasi gruppo di persone, che condivideva obiettivi, spazi, tempo e “destino” (o più semplicemente team), con buona probabilità sarebbe passato attraverso le seguenti quattro fasi di crescita: 1. Forming: formazione 2. Storming: conflitto 3. Norming: normativo
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Performing: prestazione Nella fase di forming i membri del team non formano ancora un gruppo coeso. Non sono ancora chiare responsabilità, approcci, modalità di lavoro o collaborazione. dimenti e attiva in maniera autonoma, momenti di retrospezione in ottica di ispezione e adattamento delle proprie modalità operative al fine di perseguire il miglioramento continuo delle performance e della qualità dei risultati.
Da leader a coach Il team leader deve fornire una visione, degli obiettivi da perseguire, indicando regole e criteri di ingaggio. Eliminata ogni fonte di insicurezza o di dubbio, il gruppo entra nella fase turbolenta storming.
Qui le idee e le modalità comportamentali e di lavoro dei diversi membri entreranno in competizione e collideranno. Questa fase è cruciale, in quanto è in essa che le persone cominciano a interrogarsi su come risolvere i problemi, come i singoli dovranno lavorare, con quali dinamiche e modalità comunicative e di leadership dovranno operare. Si confronteranno, si scontreranno, ma alla fine fonderanno la loro identità di team. Se la fase di storming non ha lasciato dietro di sé solo macerie, le persone del gruppo convergeranno nella definizione di un piano e delle relative modalità e responsabilità per la raggiunta degli obiettivi prefissati.
Le decisioni importanti vengono prese in accordo dal gruppo, mentre per le questioni più semplici e operative si fa largo uso dello strumento della delega. E’ da questo momento, arrivando alla fase norming, che il gruppo diventa team. L’ultima fase (performing) è una fase che non sempre viene raggiunta da tutti i team.
E’ una fase in cui il team si sente e lavora come entità unica, in completa sincronia con il contesto circostante, attivando dinamiche di collaborazione che trascendono il bene dei singoli a favore del bene del gruppo.
Cosa dovrebbe fare quindi un leader per accompagnare i membri del team nella loro crescita professionale e personale, e permettere al team di raggiungere quello che Jeff Sutherland (uno dei padri fondatori del più famoso Agile framework Scrum) chiama ‘hyper-productive state’?
La risposta non è ovvia né scontata e dipende da diversi fattori di contesto. Ciò che è certo è che non basta assegnare compiti e sperare che le persone li svolgano adeguatamente. Non basta neppure ripetere ai collaboratori che per qualsiasi problema, la propria porta è sempre aperta.
Da quella porta bisogna uscire ed essere disposti a sporcarsi le mani. Emiliano Soldi è Agile Practice Leader e Coach di Inspearit Italy, dove si occupa di facilitare le organizzazioni nella transizione al modello Agile/Lean per lo sviluppo di prodotto e la gestione di progetto.
E’ un professionista capace e appassionato, con alle spalle una solida esperienza nella gestione di progetti ITC attraverso l’uso di entrambi gli approcci, agile e tradizionale, maturata nel corso dei vent’anni di attività e consolidata attraverso il conseguimento di diverse certificazioni professionali (PMP, PMI-ACP, CSP, CSM, SA). Trainer entusiasta, con spiccate doti comunicative, ha contribuito, in qualità di speaker, a diversi convegni, conferenze e seminari (PMINIC, PMI Rome, IPMA, IIBA-NYC, Better SW conf, LUISS).
Scrive su: http://www.inspearit.it/it/news/blog/ La nostra Newsletter è scritta quasi interamente dai membri del PMI Rome-Italy Charter. E’ necessario accompagnare il processo di formazione delle persone coinvolte.
E, ancora meglio, è proprio il leader che potrebbe/dovrebbe essere chiamato a formare le proprie persone, a confrontarsi, non solo sulle tematiche tecniche e più operative, ma anche su argomenti inerenti la comunicazione, la leadership. Supportare i team nel processo di maturazione descritto da Tuckman, non è cosa semplice e solo chi possiede pazienza, fede e conosce il valore della perseveranza, è in grado di supportare il team nella sua evoluzione.
Solo quei leader assertivi, propensi all’ascolto, talvolta direttivi, ma più spesso collaborativi e pronti a mettersi in gioco, sapranno portare i propri team a un livello tale di performance e di soddisfazione, che gli altri faranno a gara per entrarvi. E non sorprendetevi se da quel giorno, in azienda, cominceranno a chiamarvi coach.
Essa vuole essere infatti innanzitutto uno strumento di collaborazione e scambio di informazioni all’interno del Chapter. Se vuoi far parte anche tu della redazione del “Corriere del PM” scrivici a: newsletter@pmi-rome.org